L’insuccesso causa la perdita di motivazione e di autostima nella maggior parte degli individui. Nei bambini, che ancora stanno sviluppando il concetto di sé, le conseguenze possono essere gravi.

In una società molto competitiva e narcisistica, viene mitizzato il successo senza fatica, quasi fosse il successo degli eletti. Talvolta, la buona riuscita a scuola o in qualsiasi altra esperienza è data per scontata per talenti e capacità ritenute innate.

E invece…

E invece, si può incorrere in mille problemi e incontrare mille difficoltà, che fanno allontanare da un giorno all’altro la possibilità di successo così certo, così scontato.
Dopo i primi insuccessi, possiamo assistere, sia nei bambini che nella famiglia, a reazioni di disorientamento, di colpevolizzazione, alla perdita del senso di efficacia, alla vergogna.
Sopportare la frustrazione è difficile e spesso l’ambiente reagisce isolando o stigmatizzando chi sta affrontando un disagio: ecco che emergono problemi emotivi e relazionali, si riduce la motivazione, diminuisce l’autostima, il tutto in una spirale negativa, nella quale gli aspetti problematici si alimentano a vicenda.
Le famiglie arrivano alla consultazione psicologica quando è ormai difficile capire quale problematicità sia stata la causa scatenante per quel groviglio di emozioni, di disturbi cognitivi, di atteggiamenti, di comportamenti disfunzionali per i quali ci viene chiesto aiuto.

Ci si preoccupa molto per il risultato, mentre il bambino deve apprendere che conta il processo, il percorso, lo sforzo, la capacità di impegnarsi in una sfida e di non mollare.

Infatti, sono il processo e l’atteggiamento di fronte alla sfida che possono essere generalizzati, che sul lungo periodo possono costituire una capacità trasversale. Il successo ottenuto quasi per caso, senza la consapevolezza del percorso, non costituisce un punto di forza ma una situazione alla quale ci si abitua pericolosamente.
Quante volte gli educatori vedono bambini, e anche i ragazzi, abituati ad ottenere le migliori valutazioni e i migliori risultati, piangere disperati per un 9 o per essere arrivati secondi! Quanta debolezza dimostra chi vive un trauma per essersi discostato dalla perfezione del risultato…

E invece incontro bambini e ragazzi con qualche difficoltà che restano sui libri più a lungo, perché hanno bisogno di più tempo per eseguire i compiti, che si impegnano di più per riuscire in qualcosa, che non riescono a svolgere un’attività extrascolastica perché nel pomeriggio hanno le “ripetizioni”, che devono ripetere e ripetere per ricordarsi qualcosa.
Sono convinta che meritino di essere valorizzati di più e forse così non perderebbero la motivazione e l’autostima.

Credo che dovrebbero essere resi consapevoli e orgogliosi del loro valore perché impegnarsi, far fatica, saper resistere alla frustrazione sono valori spendibili al di fuori del perimetro delle mura scolastiche. Molto più di un 10 o un Bravissimo!, anche se con le stelline.

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