Dopo aver passato tanti anni a studiare in corsi di laurea e costosi master, i giovani possono trovarsi bloccati nell’applicazione di tante conoscenze al lavoro concreto.

La sensazione che questi giovani mi portano è di essere paralizzati sotto un cumulo di sapere. Ed è un sapere inutile quello che non stimola e non favorisce le sperimentazioni, ma le soffoca.

Dietro a queste problematiche si ravvisano soprattutto tre questioni:

  • l’abitudine ad uno studio passivo e poco personale di teorie considerate immutabili, idealizzate e apparentemente non migliorabili;
  • l’insicurezza nelle proprie capacità critiche e nel valore della propria creatività e della propria passione;
  • il timore nell’assumersi la responsabilità di una scelta.

Non dico nulla di nuovo se evidenzio come il nostro sistema scolastico abbia a lungo premiato l’apprendimento passivo, piuttosto che la capacità di interrogarsi criticamente su teorie e norme considerate invece intoccabili.
Il mondo del lavoro – e il mondo in generale – sono però un’altra cosa e anche se la scuola si sta gradualmente adeguando, il timore che assale chi esce da un lungo percorso scolastico può bloccare le potenzialità di tanti studenti brillanti.
Anzi, sembra che siano gli studenti più brillanti a sviluppare maggiormente il timore di sbagliare e di giocarsi per la prima volta la faccia.

Si dice provocatoriamente che la prima mossa da mettere in atto sarebbe dimenticare tutto quello che si è studiato fino ad allora.
Questo garantirebbe il fatto di usare solo quello che abbiamo interiorizzato e non le teorie appiccicate e che non sentiamo come nostre.
Il secondo passo è quello di contraddistinguere, attraverso le caratteristiche personali, il nostro operato, in modo da renderlo unico e non intercambiabile.
Terzo, tener presente che non c’è un solo modo per compiere un’attività e che la differenziazione porta all’evoluzione. Anche in natura quindi bisogna provare.
Essenziale poi, per riuscire a muoversi non solo nel mondo del lavoro, è di abbandonare la ricerca della perfezione e permettersi la possibilità di sbagliare.

La perfezione delle teorie cristallizzate che si studiano nei manuali non esiste nella realtà dei fatti, quindi l’attesa del momento perfetto per mettere in atto l’azione perfetta è forse il macigno più grande di cui liberarsi.

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